La Recensione: “Il piccolo principe”



a cura di Francesca Perissinotto

 

La notte de “Il Piccolo Principe”, portato in scena da Teatroindirigibile e dal gruppo 360 Gradi, si tinge di delicatezza. Delicatezza nella forma di una rosa bianca, nella prima del palcoscenico, che accoglie gli spettatori al loro ingresso in teatro. Delicatezza nella forma delle parole di un bambino.

Pubblicato per la prima volta nel 1943, il testo ripercorre in prima persona il ricordo di un pilota d’aerei: precipitato nel Sahara, incontra per caso un fanciullo che gli chiede di disegnargli una pecora. Immediatamente il pilota, uomo adulto, disilluso, si trova faccia a faccia con il suo sogno infantile, ormai soffocato, di diventare artista. Posta nuovamente a tacere questa pulsione, il piccolo Principe fa quindi breccia nel cuore del pilota con la sua insistenza, pura ma non ingenua, ottenendo al quarto tentativo una pecora in una cassetta – la pecora è dentro. Il pilota spiega quindi al lettore le avventure dell’innocente, rivelate “da sé, per qualche riflessione”: la vita del bambino sul suo piccolo pianeta, la sua partenza ed i successivi incontri con sei diversi adulti su sei diversi pianeti; l’arrivo sulla Terra e la sua ricerca di amici – ma, soprattutto, il legame con l’amico Fiore. Insieme, i due riescono successivamente a salvarsi l’un l’altro la vita grazie ad un misterioso pozzo d’acqua comparso nel deserto. Poco dopo, il giovane viaggiatore tornerà al suo asteroide (il B 612), lasciando il pilota forte del ricordo del suo amico e delle stelle che, come cinquecento milioni di sonagli, risuonano della loro amicizia.

Il piccolo Principe prende vita nella voce di Anna Parravicini. La lettura drammatica dei testi di Antoine de Saint-Exupéry, di quelle “parole dette per caso”, coglie la tensione di una dolcezza solo apparentemente fragile, spiazzante nel profondo. Si rivolge direttamente al pubblico/lettore, come tramite, Claudio Riva, regista nonché attore versatile nella sua performance: in prima istanza pilota narratore, è all’occorrenza Re, Vanitoso, Ubriacone, Uomo d’affari, Lampionaio, Geografo, Volpe. Assumendo di volta in volta, ad un ritmo frenetico, la voce e la mimica dei diversi personaggi, Riva è in grado di trasportare lo spettatore nel mondo del Principe, nelle sue profondità e nelle sue verità. Le due voci divengono un filtro di ingenuità rivelatrice, per cui le parole e gli spazi svestono la loro natura artefatta per divenire lingua del cuore, rivelatori di quell’essenziale invisibile.

L’immagine del “filtro rivelatore” è, in effetti, un pilastro portante della messa in scena. La voce drammatica del cuore si alterna invero alle canzoni ed alla musica appositamente composta da Giuseppe Sordelli, parte di un gruppo musicale la cui vista è solo in parte accessibile alla platea: un velo di semi-trasparenze separa la band dai due attori sul palco e, come la foschia di certe rivelazioni intuitive della mente, il velo priva i musicisti dei loro contorni, rendendoli parte di un’intimità condivisa – intimità data dal trasportare il pubblico in un’emozione sensibile. Il violino di Karim Caelli diviene filo conduttore del nostro sentire, la batteria di Giacomo Cattaneo è il cuore pulsante della platea. Punto di forza sono inoltre le voci e le parole del Sordelli e di Marta Ferri, che trasportano Antoine de Saint-Exupéry nella contemporaneità: un ossimoro tangibile, una crasi tra la verità del Principe, sempre rivolta al secondo attore sul palco, e una quarta parete concreta che in realtà funge da ponte di connessione diretta con il pubblico.

La scenografia, rivelata, sicuramente coglie la complessità del testo originale. In un rapporto totalizzante, nonché ulteriore omaggio a quest’ultimo, la proiezione dei dipinti di de Saint-Exupéry su quel velo riporta alla dimensione dell’opera-libro.

Le luci, sfumando e focalizzando i punti nevralgici della scena, sono guida in questo percorso. Lo spettatore è così inconsapevolmente accompagnato dal Piccolo Principe sin dall’inizio: la luce, le stelle, in cui il fanciullo morente infonde la sua musica come dono all’amico Pilota, si veste del dramma, portando a nuova vita questa fiaba scritta ormai settant’anni fa. Il pubblico stesso, sempre senza rendersene conto, ricambia il Pilota, donandogli quella musica nei sonagli degli applausi.