La parola di Spoon River



a cura di Benedetta Scillone

La libertà più grande per una persona, per un teatrante, di qualsiasi età, è la possibilità di esprimersi incondizionatamente in gesti, silenzi e parole. Soprattutto parole.
Ma non è mai semplice; specialmente per un attore.
La parola di tutti i giorni, quella che usiamo a scuola, al lavoro o fra conoscenti non è mai quella che ci rispecchia interiormente e che ci arrovella la mente in profonde riflessioni.
La parola, quella vera, ha un peso, uno spessore e una fragilità d’intenti che richiedono particolare cura.
L’ironia non indica rispetto, così come un tono dolce non può essere sinonimo di sottomissione.

Sono sfumature del parlato e dello scritto già difficili da affrontare per un adulto, ma immaginatevi cosa possa voler dire per un gruppo di adolescenti e giovani, che nel flusso di parole (oggi più di ieri) ci annega senza sapere bene cosa sta maneggiando. O meglio, dicendo.
Cosa ci siamo inventati questa volta? Un laboratorio sulla parola.
Domenica 17 settembre dall’alba al tramonto (e ben oltre) dedicheremo le nostre forze alle parole del poeta Lee Master, affrontando l’Antologia di Spoon River.
Cos’è Spoon River?
Una raccolta di vite, esistenze e persone (più o meno buone), assai poco di fantasia e molto, molto umane.
La poesia richiede tempo e cura, perché ogni parola va capita, soppesata, rinnovata.
Con chi affronteremo tutto ciò?
Con Antonio Zanoletti, attore professionista e amante imperituro del teatro e di Pirandello.
Con lui ci concentreremo su questi canti crepuscolari che sono gli epitaffi di Spoon River e la sera insceneremo sul palco di Figino Serenza ciò che sarà emerso da questo lungo esercizio sull’essere umano e la sua qualità più grande: la parola.

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