Togliere i pelucchi



di Anna Castoldi

Un attore è tante cose: principe di Danimarca nell’Amleto, spirito inquieto nel Fantasma di Canterville, fanciulla cristiana adottata da un ebreo in Nathan il saggio. Un attore abbandona la sua vita per adottarne mille altre, rinuncia alla sua identità per accogliere quella del personaggio; a volte, depone maschera e mantello per impugnare scopa, straccio e paletta. No, non è Cenerentola, ma la dedizione che i membri della compagnia mostrano per il loro teatro, occupandosi personalmente di pulizia e manutenzione.

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Ci sono ragioni pratiche: sarebbe brutto se, nel trasporto della recitazione, si scivolasse su una macchia d’unto. Ma è il sentimento che tutti proviamo verso la nostra casa che guida lo straccio sul palco come un’amorevole carezza. Siamo insofferenti alle pulizie; eppure, al termine di una giornata dedicata all’aspirapolvere, siamo felici: abbiamo reso più bello il nostro angolo di mondo. A teatro, salotto dell’umanità, vale davvero la pena di togliere i pelucchi uno per uno.

Spostiamoci dietro le quinte: ogni oggetto di scena è una storia. Pensate che peccato lasciarli lì ammassati, come se trovaste il vostro anello di fidanzamento in mezzo al cibo del cane. I teatranti si sono adoperati per metterli tutti a posto, ciascuno nel suo cassetto armadio scaffale, contrassegnato dall’apposita etichetta. Lavoro certosino? Meglio genio e sregolatezza? Riordinare significa prendersi cura della memoria. Se non lo facessimo i pensieri si ingarbuglierebbero, tutte le storie diverrebbero uniformi e confuse e il teatro dimenticherebbe il suo peculiare linguaggio, trasformandosi nella torre di Babele.

Un’impresa di tecnici specializzati potrebbe forse ridipingere i pannelli, montare i fondali e disporre i riflettori – ma, senza conoscere il preciso effetto di una sfumatura sul palcoscenico, si rompe l’armonia tra lo spazio fisico e quello teatrale creato durante lo spettacolo. In questi casi, l’artista deve farsi artigiano: anche avvitare una vite richiede una precisa sensibilità. I nostri attori non si sono tirati indietro, mettendo mano ad assi e martelli; lavorando insieme si ricrea l’entusiasmo delle prove, si percepisce la tensione che, la sera della prima, riempirà le quinte.

Certi luoghi si impregnano della nostra vita, fino ad acquisirne una propria. Fate attenzione quando, a teatro, le luci si abbassano e si scosta il sipario: quell’istante è il suo respiro.

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