La Recensione: “Fiori d’acciaio”


di Francesca Perissinotto

 

Sei talenti animano la scena figinese di Fiori d’acciaio – Steel Magnolias di Robert Harling, per la regia di Giacomo Cattaneo.

Il testo propone l’immagine di un salone di bellezza di paese. Sei donne, l’una all’opposto dell’altra, si ritrovano ciclicamente a condividere fatti personali, pettegolezzi e risate tra una piega e un taglio. Prima ancora che ne Il club delle prime mogli (1996), Harling però dimostra la capacità di cogliere tutte le profondità, i dubbi, ma soprattutto la forza incrollabile dell’essere femminile, che, ben nascosti dietro atti frivoli, permettono di affrontare la vita senza darle troppo peso. Sul palco, l’ironia si scontra infatti con alcuni dei momenti più difficili dell’esistenza delle protagoniste, in un crescendo di tensione emotiva spezzato ritmicamente dall’unica, vera arma femminile: la leggerezza, sostenibile soltanto dalla forza invincibile di una donna.

La scenografia resta immutata nei due atti, se non per un albero di Natale che guida il pubblico nella collocazione temporale. Il microcosmo del salone si dimostra così immutabile nel trascorrere nel tempo, estensione fisica della tenacia imperturbata delle sei protagoniste. Elemento critico da sottolineare è la scelta del regista di vestire l’intero fondale di pannelli riflettenti: non solo è evocata l’atmosfera del centro di bellezza, ma così Cattaneo sembra suggerire che, dietro i fantasmi dei riflessi delle interpreti sulla scena, in realtà ognuno di noi è, in qualche modo, all’interno di quel salone; ognuno di noi, perciò, dovrebbe essere consapevole di essere animato dallo stesso spirito di quelle donne – lo stesso coraggio, la stessa fiamma da non perdere di vista nel buio della platea di ogni giorno.

Motore della scena e fonte di ispirazione per il pubblico sono però i “fiori d’acciaio” delle sei attrici: Antonella Speziali (Truvy), Chiara Giudici (Annelle), Luisa Secchi (Claire), Linda Bosa (Shelby), Lea Caico (M’Lynn) e Paola Gaffuri (Ousier). Nessuna di loro si piega nel misurarsi con dei personaggi poliedrici, resi reali e vicini alla verità del pubblico nonostante la difficile convivenza di levità e dolore, in alcuni momenti. Chiave di tale disinvoltura è però da ricondurre anche al mutuo sostegno delle attrici, in una recitazione che si pone così a due livelli: il mantenimento di singole individualità non viene mai appiattito, ma anzi si rinvigorisce nel confronto e in una vera e propria impalcatura di reciproca assistenza: come pentagrammi di singole melodie, i nostri fiori d’acciaio si uniscono nello spartito di un testo complesso, metafora di una vita che, con le sue pause, i suoi alti e bassi, lo schifo e le risate, non smette di spingere a lottare proprio perché piena, travolgente. E forse, proprio come le nostre attrici, è solo “quando il gioco si fa duro, che i duri cominciano a giocare”.

Teatroindirigibile chiude la stagione 2014-2015 con questo spettacolo. Che sia un invito per il pubblico a resistere, almeno fino alla prossima rassegna?